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Co-branding vincente: il caso della collaborazione fra Rummo e Fendi

Rummo firma l’invito alla sfilata SS21 di Fendi, con un packaging speciale che vede come protagonista la casa di moda romana e il suo celebre pittogramma a doppia F. Immediato l’entusiasmo raccolto dal web, seppur vestito di qualche perplessità. Cosa spinge di fatto due brand così distanti a collaborare? Perché un marchio storico della moda dovrebbe vestire con la propria griffe un prodotto così distante dal proprio interesse?


Tra coloro che si sono posti la domanda trova spazio con facilità il collegamento diretto alla dimensione familiare e a quella italianità che la maison ha sempre difeso nel panorama internazionale. Considerazioni sicuramente giuste ma forse non esaustive.

Andando oltre i valori condivisi di Rummo e Fendi, vi è infatti una strategia vincente basata sul co-branding, ossia sulla collaborazione fra due marchi impegnati nella realizzazione di un progetto comune. Co-branding: vantaggi e svantaggi

Questo tipo di cooperazione, nel caso soprattutto di brand con una buona notorietà, permette di fatto di poter conseguire vantaggi specifici sia in termini di brand awareness che di estensione del proprio pubblico, nonché di aumento delle vendite nel caso di progetti a medio-lungo termine che prevedono l’introduzione nel mercato di un vero e proprio prodotto co-branded.

D’altra parte non mancano i contro seppur in numero ridotto. La scelta della partnership gioca sicuramente un ruolo cruciale. Se da una parte è possibile far leva sulla notorietà del marchio con cui si sceglie di collaborare dall’altra il predominio di questo potrebbe rischiare di eclissare il nostro. È per questo che diventa imprescindibile analizzare i progetti di co-branding con attenzione, affidandosi a professionisti in grado di misurare tutti gli aspetti utili ad un successo equo per entrambi i brand. Lidia Passarelli | direttore creativo


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